La Rendena nella Valle di Livo

Sabato 12 marzo 2005 alle ore 21, a Gravedona, presso Palazzo Gallio - sede della Comunità Montana Alto Lario Occidentale - il dott. Gilmozzi presidente dell’Associazione Allevatori della Razza Rendena e il dott. Tognetto funzionario della medesima Associazione illustreranno i progetti sviluppatisi in Trentino, in chiave turistica e commerciale, per evitare l’estinzione di questa razza bovina.

“Lepontia Comensis”, la nuova Associazione Culturale nata in Alto Lario, ha dato inizio, nell’ambito dei suoi particolari progetti volti a rivitalizzare la cultura montana, ad un primo esperimento: è stata riportata nella valle di Livo una coppia di manze appartenenti a una delle tredici razze alpine attualmente in via di estinzione. Infatti, alcuni animali ormai legati all’uomo per la sopravvivenza vengono via via rimpiazzati, per motivi commerciali e di lucro, con altri di razze più redditizie o selezionati per una maggiore produttività, ma il tutto a scapito della biodiversità. Ad esempio galline che producono uova bianche, oggi non richieste dal mercato, sopravvivono solo nei centri universitari. E ancora, dell’unica razza bovina autoctona lombarda, la Varzese, esistono solo una cinquantina di esemplari, contro i 60.000 degli anni ’60: si tratta di una razza robusta da aratro, ora rimpiazzata dai trattori.

La vacca di razza RendenaSi sono pertanto avviate opportune valutazioni riguardo alle caratteristiche e alle attitudini di varie razze bovine orientandosi verso quella verosimilmente più idonea per il nostro territorio, la Rendena, che prende il nome dalla omonima valle trentina, una valle che si estende per circa venti km. tra Tione di Trento e Pinzolo, dominata sul versante ovest dal massiccio dell’Adamello.

La tradizione orale narra che i bovini scomparsi a causa della pestilenza di Manzoniana memoria, vennero riportati nella Valle Rendena nel XVII secolo dalla “Svizzera”, termine geografico generico che designava le terre oltre il confine trentino verso nord ovest, ossia la Valtellina e l’Alto Lario.

Nello stesso secolo lavorava a Trento l’organaro Carlo Prati di Gera Lario, che stabilita per l’appunto bottega a Trento, costruiva i suoi strumenti, oltre che nell’Alto Lario, soprattutto nel Trentino. In Val Rendena, a Pelugo, è conservato un suo strumento, anche se proveniente dalla vicina Calavino.
Prati non disdegnava di occuparsi anche di attività agricole: acquistò ad esempio terre e vigneti a Mezzolombardo . E poi ancora a Tione di Trento, il 27 febbraio 1683 Carlo Prati, riceveva nella liquidazione dei beni di Bernardo Tolettino, cittadino di Trento, parte di un Maso in loco “al Baita” (notaio Foglia Floriano, prot. a. 1683 c.60.61).

Questo documentato contatto tra Val Rendena, Trentino e Alto Lario, ha ulteriormente rafforzato la convinzione di operare la scelta della Bovina Rendena con maggior consapevolezza e motivazioni bio-socio-culturali; e non si vuole trascurare il piccolo ma suggestivo richiamo iconografico che si può ammirare nel cinquecentesco affresco della chiesa di S. Giacomo vecchia a Livo, dove è rappresentato un esemplare bovino di color marrone che è pure il colore della vacca Rendena.
Per una migliore integrazione ambientale è in oltre in esame il progetto di riportare la razza, con opportune selezioni a dimensioni più piccole, rendendola così più vicina alle caratteristiche arcaiche di rusticità documentate anche da alcuni ritrovamenti archeologici. Una scelta questa, ben difforme dall’attuale orientamento che spinge più alla selezione di capi unicamente per aumentarne la redditività.

Stalla di LivoDue esemplari di vitelli, un maschio e una femmina, sono già recentemente nati nella stalla di Livo: le due fattrici sono state fecondate in modo naturale da tori selezionati di razza Rendena che alpeggiavano a quote oltre 2500 mt s.m. in Val Rendena.

La Razza Rendena, oggi è per lo più allevata nel Trentino e nel Veneto; questi quattro esemplari sono momentaneamente gli unici esistenti in provincia di Como.
Si auspica che questo insediamento nella valle di Livo, dove erano presenti oltre un migliaio di bovini, possa diventare l’inizio di in futuro ripopolamento degli alpeggi caduti ormai in disuso.

La Valle di Livo, 43 km quadrati, 3 rifugi, 1 bivacco, 3 laghi alpini, 5 alpeggi, che ha già di per sè notevoli attrattive paesaggistiche, ora ha un altro motivo per essere visitata, quale museo naturale in cui è possibile vedere oltre al patrimonio faunistico selvatico (cervi, camosci, aquile, falchi reali, tassi, volpi ecc.), due razze in via di estinzione: la capra Lariana o di Livo e i bovini di razza Rendena.

La valle di Livo

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